giovedì 13 settembre 2007

Cerchio di Morte

La Luna piena sorse dal cuore nero del bosco.Una bruma malevola e spessa come una coltre di cenere oscurava i lupi.L'intero branco era raccolto attorno alla Pietra Lunare. Ad uno ad uno gli alpha radunarono i riottosi. Alcuni degli omega vennero letteralmente fatti a pezzi dai capi branco senza pietà, solo per aver ritardato lo schieramento. Non era il momento di indugiare o rallentare il passo dei branchi prima della Caccia. Non c'erano appelli, solo la punizione istantanea. Quella notte loro non erano semplici predatori, ma furie nere rubate al lato malvagio della notte.Fu proprio quanto tutti pensarono che il raggruppamento fosse ultimato che arrivò. Il rumore del passo dei suoi artigli che masticavano il suolo umido del bosco, tuonava imperioso. Un ululato fortissimo annunciò a tutti gli altri la sua venuta. Senza aspettare cenni di risposta saltò da un lato all'alto delle rocce che intersecavano la stretta valle. Atterrò sopra il proprio alpha, preso in contropiede. Le sue fauci si serrarono attorno al suo massiccio collo. Fu solo un istante. Le ossa si spezzarono. Cadde morto prima di toccare terra. Digrignò i denti insanguinati lasciando colare il sangue sul suo manto nero. Chiuse gli occhi. Questa volta il suo ululato, molto più acuto del precedente, fece girare tutti i lupi assembrati per l'attacco. Vedere uno degli alpha fatto a brandelli in un solo colpo, impressionò molti fra di loro.Il resto del suo branco infuriato e atterrito allo stesso tempo si girò per fronteggiarlo. Bastò un solo sguardo ed il semplice denudare le zanne a fugare ogni ulteriore reazione. Era diventato di fatto il nuovo alpha, senza che nessun altro potesse o volesse realmente contestare.Strinse a se i compagni. Morse più volte le code dei più lenti. E quando uno di loro rimase indietro lo azzannò al torso. Lo schianto della cassa toracica fu immediato quanto secco. Il corpo rotolò lungo il budello di pietra e notte. Nessuno altro si fermò, troppa era la paura di finire come i primi due malcapitati. Un sorriso freddo come la notte lo accompagnava, sebbene non avesse una bocca per averlo. La morte correva affianco a lui. La portava dentro al petto, verso quell'Uomo che tanto aveva imparato ad odiare. Nemmeno i suoi fratelli dovevano osare rallentarlo in quel momento.Condusse il suo branco direttamente nel centro dell'insediamento umano, sprezzante per il pericolo e altrettanto avventato. Tutti gli altri erano diretti agli animali da allevamento e alle stalle. L'assalto coordinato funzionò. Il macello degli animali fu completato velocemente. Non si fermò nemmeno per udirne i risultati. La sua furia era cresciuta nelle ultime stagioni fino a divorarlo dentro. Da molto tempo lui non era più un semplice lupo, ma un demone della notte che si vestiva con la pelle dei lupi. Da semplice omega era assurto via via sempre più in alto nei ranghi del suo branco. Aveva imparato ad uccidere. Aveva imparato a godere della caccia e della morte. Solo quelsapore di sangue fra le zanne affilate, dava ormai senso alla vita. Non si era più fermato. La Caccia di quella notte avrebbe soddisfatto la sua sete di morte. Avrebbe ucciso personalmente tutti i membri del suo branco se solo non gli avessero ubbidito all'unisono. Per i deboli, la fredda notte eterna e i vermi. A lui interessava solo una violenta vendetta. Tutto il sangue che la Madre Terra potesse bere, sangue umano.Le tane posticce degli uomini erano tanto brutte quanto solide. Si spinse con tutti loro in mezzo a quelle più piccole.Alcuni cacciatori ancora indeboliti e rammolliti dal sonno, privi delle armi più pericolose, gli si avventarono contro erraticamente. Caddero tutti a terra sbranati nel loro primo assalto. Nemmeno un solo membro del branco mancò la gola di quelle creature pallide, prive di pelo nella maggior parte del corpo. Le loro armi caddero da dita ormai inerti. Gli umani morenti a terra.Il branco spinto dalla sua furia proseguì fino al centro dell'insediamento. I cacciatori che gli vennero incontro erano decisamente più preparati. Alcune trappole scattarono falcidiando due lupi del branco. Disprezzò la loro debolezza, mentre li vide cadere nelle stupide trappole acuminate. Li vide contorcersi e gemere proprio come dei cuccioli, indegni delle zanne e degli artigli che la Luna gli aveva donato. Saltarono l'ostacolo e la fossa dentata, atterrando proprio in mezzo ai cacciatori adulti. Questa volta il combattimento durò abbastanza a lungo da soddisfarlo. Senza fermarsi, tranciò i tendini dei primi due uomini, rendendoli incapaci di reagire e divorò il loro volto. Aveva imparato l'effetto che aveva su i molli umani. Colti dal terrore per lo sfregio mortale, la maggior parte di loro cadeva in uno stato di panico, anche quelli non feriti. Un altro lupo cadde sotto i colpi ripetuti di un piccolo gruppetto di cacciatori. Ma quello fu quanto. Il resto del branco si radunò e circondò i superstiti. Molti di loro sanguinavano copiosamente inebriandolo ancora di più. Al suo comando , come un solo artiglio colpirono. Solo qualche ferita superficiale e tutto quello che rimase di quei guerrieri fu solo cibo per i corvi della foresta.Ululò con quanto fiato aveva in gola. La tana del capo branco umano era vicina. Sentiva quell'odore odioso. Sentiva una traccia ben distinta. Accelerò il passo, gli altri lupi persero lo persero , incapaci di correre quanto lui. Sebbene spronati dalla ferocia della caccia e dalla paura di finire macellati dal loro nuovo alpha, tutto quello che rimase al resto del brancò fu inseguire il proprio capo. Si fermò a ringhiargli, un brevissimo istante e poi scomparve caricando ancora più in fretta fino al varco aperto nella struttura. Il sibilo letale nell'aria annunciò la fine dei compagni rimasti dietro. Punte acuminate. Caddero morti colti dal tormento dei veleni umani. Deboli ed inutili. Ma avevano servito allo scopo. Era giunto dove era predestinato a colpire.L'odore di uomo era ancora più vicino. Balzò dentro la tana, senza nemmeno rallentare.La trappola scattò ma lui fu veloce. L morsa, capace di tranciare le zampe di orso adulto, lo mancò di un singolo respiro. Digrignò i denti spostandosi celermente dentro la prima stanza. Un cacciatore anziano, pieno di cicatrici, lo aspettava a piè fermo. La lama che aveva in mano aveva l'odore di molti, troppi lupi abbattuti. Caricò lateralmente l'aggressore sbilanciandolo grazie alla sua velocità superiore. La lancia saettò verso il suo fianco con perizia. Fu in quel momento che si ritrovò vicino al vecchio uomo coperto di cicatrici. Ma non più su quattro zampe. Senza stupirsi più di tanto erano soltanto due le zampe su cui si reggeva. La gola del veterano aperta dai suoi artigli. Diventati ora tanto grossa da rivaleggiare con le armi umane. Dentro di lui, l'istinto compensava per tutte le sue domande inespresse e senza risposta. Una forma antropomorfa più efficiente per combattere in quegli spazi angusti, quali le tane umane. Forza e velocità accresciute, soltanto la sua furia era rimasta inalterata, tanta era la brama di sangue quella notte. Quella trasformazione era naturale, glielo urlava il suo sangue.Sfondò la barriera legnosa che divideva il locale esterno da quello interno. Lo schiantò impressionò anche lui. Le schegge esplosero dentro ferendo e distraendo gli umani presenti.Localizzò subito il suo nemico. Non aspettò. Non ululò. Non lo guardò. Le sue narici e il suo olfatto fu tutto quello che occorse per centrare la sua corsa perfettamente verso le gambe del capo branco degli umani. Al collo aveva ancora i suoi immondi trofei, le zanne dei suoi compagni uccisi. Riconobbe l'odore, la forma. L'odio lo riempì fino in fondo e lui lo riversò contro il suo nemico. Fu abbastanza. Le fragili gambe umane si spezzarono come grano nella mietitura. Accelerò ancora. Raggiunse la gola e gliela tranciò all'istante, ma senza affondare troppo gli artigli, non voleva che finisse tutto troppo presto. Il rumore e il gorgoglio di morte lo deliziò. Si girò a fronteggiare gli altri nella stanza. Non doveva lasciare nessuno in vita. Lo doveva al suo vecchio branco e ai lupi del suo branco morti per permettergli di entrare lì dentro. Si appiattì al suolo, talmente basso da fondersi con la linea del pavimento. Il suo stomaco brontolò, producendo un suono tanto ferale da imprigionare ogni altro uomo della tana innaturale nella paura delle sue fauci. Avanzò con letale circospezione, odiando ogni passo fatto in quel luogo disgustoso e finto.Un'ultima stanza lo divideva dalla sua vendetta. Percorse le ultime assi di legno morto, con una dolcezza e una disperazione infinite.I suoi istinti urlavano dentro di lui. Li dimenticò. Dimenticò quello che era. Dimenticò che si era appena trasformato in qualcosa di più.Entrò nella stanza debolmente illuminata nella vana speranza di fermare la fiera nera.Non fu un ululato quello lanciò appena entrato, ma un ruggito secco e brevissimo, ma tanto gutturale da fare vibrare le sue stesse zanne in orrore e gioia.Un sibilo acido tagliò l'aria a pochi passi da lui. Una lancia acuminata e avvelenata lo colpì dall'angolo cieco destro. Il suo nemico aveva assaggiato le sue carni per prima. Un uomo basso, per niente impressionante, quasi deludente per il suo sguardo debole, eppure tanto pericoloso. La lama penetrò le carni troppo agilmente. Non importava. Non era lì per pensare a se stesso e ne a quel lucore di tipo lunare sprigionato dall'arpione conficcato nel suo costato. Il suo scatto fu sensuale quanto irresistibile. Si girò fluidamente nonostante il dolore. O i suoi artigli saettarono verso il petto del piccolo uomo tarchiato e con qualche banale ciuffo di pelame sul volto. Scie cremisi si dipinsero sui vestiti del capo dei cacciatori. Nello stesso tempo il cacciatore accennò a rigirare l'amo di metallo lunare nelle sue viscere, ma senza nemmeno fermarsi a sanguinare, girò e spezzo uno dei sui miseri polsi. Gli occhi dell'umano danzarono nel nulla, all'indietro, mentre perse coscienza, colpendo il suolo con un suono sordo, quasi buffo.La sua furia si scatenò. Avrebbe voluto danzare con la Luna. Avrebbe voluto risorgerlo ancora una volta. Perdere l'intero branco ancora una volta, solo per poterlo finalmente uccidere ancora e ancora. Ululò. Devastò un muro fatto di pietra grazie alla potenza innata della sua nuova trasformazione. Non si curò della ferita nel suo petto che si allargava e delle viscere sempre più sconvolte dall'amo di quello strano metallo bruciante.Un pianto sommesso attirò i suoi istinti di caccia. Lo scatto con cui si voltò fu tale che distrusse uno degli inconcepibili strutture fatte di legno morto nella stanza, incomprensibili e ingombranti.Uno sguardo tanto acuminato quanto la lancia del capo dei cacciatori, fu tutto quello che il suo istinto percepì. Una giovane donna, vestita della pelliccia della sua gente. Non per vezzo, ma per l'irrigidirsi delle stagioni. Poco importava. Il cerchio si stava per compiere. Avrebbe distrutto ogni traccia del suo nemico e l'intera linea di sangue con lui sarebbe perita. Il suo volere di morte ne sarebbe stata l'unica cagione. Quella notte, la sua vita aveva quel solo scopo. Pregustò il nuovo bagno di sangue.La giovane femmina umana avanzò verso di lui. Avanzò come nessuno dei cacciatori aveva fatto fino a quel momento. Gli occhi infilzati nei suoi come tizzoni ardenti. Non aveva paura. Non aveva odio. Lo stupì, lo sconvolse. Dentro quella giovane mortale, c'era molto più del Lupo che in tutto il resto della sua razza. Avanzò senza curarsi del sangue che stava calpestandoSi fronteggiarono nel centro della piccola stanza. All'esterno rumori di lotta. I sopravvissuti dei cacciatori cercavano in vano di raggiungere il loro capo, credendolo ancora in vita. Conosceva la loro vigliaccheria. Aveva distrutto l'esile soglia di confine col mondo esterno senza problemi. Avrebbe trattenuto gli ultimi assassini fino al completamento della vendetta. Tornò alla bambina umana troppo cresciuta.Ruggì contro il suo volto. Le zanne la ferirono, tanto erano vicini. Ghermì le sue spalle ferendole. Nonostante il dolore acuto, la donna, bimba nelle vesti di adulta, si trattenne e non svenne. Anzi i suoi occhi si conficcarono ancora di più forte nei suoi. Quello sguardo lo ipnotizzava in maniera completamente nuova. La lasciò avvicinare. Passo dopo passo fino a poter sentire il suo alito contro il proprio. Morte contro vita, freddo gelido contro calore e disperazione.Sembrò una carezza, non lo era. Le piccole ma forti mani della esile donna afferrarono il legno dell'arpione. Lui le intimò, le ordinò, di cessare il suo folle tentativo. Avrebbe potuto divellere le sue membra con un solo gesto veloce, tanta era la differenza di forza. Ululò contro il suo orecchio sinistro, i capelli fulvi scapparono dal volto della bambina cresciuta come impazziti. Ma lei imperterrita continuò. Incredulo e stupefatto da se stesso, nemmeno lui fece nulla. L'arpione scintillante venne abilmente estratto dalle sue carni, con un solo gesto. Al contatto di quel metallo biancastro, la sua pelle e le sue ossa parevano sciogliersi come al disgelo primaverile, il dolore quasi insopportabile.L'aggredì. Gli artigli distrussero la pelliccia immonda che copriva l'esile femmine umana. Morsero la sua carne scoprirono il suo volto, le sue spalle e il suo petto. La donna non si ritrasse nemmeno di un passò ma lo fissò ancora. Lo sguardo era indecifrabile. Quel gesto stesso, incomprensibile. Ma comprese quando i suoi occhi rivelarono le ferite sul petto e sull'addome. La giovane femmina era stata ferita in profondità. Erano stati i suoi artigli e le sue zanne, lo capiva dal modo feroce ed efficiente in cui le cicatrici si intrecciavano su di lei. Quella femmina non era stata più in grado di portare a termine una gravidanza. La sua vittoria era probabilmente stata già ottenuta da tempo, a sua insaputa. La stirpe del suo nemico, il primo macellatore dell'insediamento umano, non sarebbe proseguita estinguendosi con lui e la sua compagna menomata. Parte di quello che aveva pagato e sacrificato quella notte era stato, in ultima istanza, inutile. Guardò la donna. Desiderò odiarla. Desiderò poterla divorare. Non ci riuscì.Ululò, un lamento più che un urlo di guerra. La donna si avvicinò ancora. Fissò il suo ventre, la sua forma vagamente antropomorfa. Non si stupì, non si disgustò ma con gli occhi cercò nel suo pelame gli stessi segni. Il ventre del lupo nero era coperto di cicatrici profonde e deformate, memori della strage patita molte lune prima dal suo vecchio branco, ordito dal capo dei cacciatori. Una notte di urla e omicidio, non diversa da questa. Nelle loro tane, assopiti dalla carne di erbivori, colti impreparati e uccisi senza un degno combattimento.Fu come se le ferite si riaprissero proprio in quel momento. Sanguinò, morì insieme ai suoi fratelli. La donna toccò la cicatrice più profonda. Un braccio tanto possente quanto l'intero torso della giovane bimba umana, si appoggiò sul suo. I loro sguardi si sfiorarono. Fu diverso. Entrambi condividevano una perdita incolmabile. Entrambi condividevano una furia estinta, che non li definiva più, che non gli avrebbe mai ridato gli amati, i perduti e la vita smarrita alle loro spalle. Senza che nessuno dei due sapesse darsi una ragione gli occhi di entrambi si inumidirono. Non era mai successo a lui. Cercò di distolgere lo sguardo. Lei afferrò il suo muso gigantesco e lo tenne in qualche modo fisso verso il proprio volto gentile. Piansero insieme, qualche lacrima rubata.Gli occhi della donna mutarono repentinamente. Un balzo di gioia, un respiro interrotto. Alla fine un vaticinio di morte e pericolo.Lui non comprese, e anzi ritirò gli artigli e le sfiorò il volto rigato dalle lacrime, nell'unico gesto di amore ed amicizia che avesse mai fatto ad un umano nell'intera sua esistenza. Sentì uno schianto dietro la sua schiena. Qualcosa si fece strada nelle sue viscere. Perforò la cassa toracica senza trovare realmente ostacoli degni. L'arpione bianco fuoriusciva dal suo costato, centrale. Le forze scomparivano mentre la sua vista diventava sempre più incerta. Si voltò pagando a fiotti copiosi di sangue ogni passo fatto.Il cacciatore, il suo nemico non era morto. Nella subdola astuzia, tipica di quel popolo vigliacco, aveva giaciuto apparentemente inconscio tutto quel tempo, per recuperare le forze necessarie a quell'ultimo assalto. La vita del lupo stava scivolando via. Avrebbe potuto portarselo con se nel Lungo Viaggio, pensò il predatore. Barcollò a fatica, facendo ogni possibile sforzo per non sembrare patetico come il suo avversario poco prima. Ci riuscì perdendo quasi le poche forze rimaste . La donna esterrefatta e angosciata lo seguì passo passo, anticipando il suo arrivo.Chiuse gli occhi. Le energie non erano sufficienti per un colpo preciso. Avrebbe donato quell'ultimo soffio vitale attaccato al suo corpo, solo per uccidere l'avversario. Ma furono le piccole gentili mani della donna bambina ad arrivare a lui. Riaprì gli occhi velati. Lei stava con le guance appoggiate a lui. Entrambe le mani esili ed affusolate poggiate sul suo muso e le sue zanne intrise di sangue. Stava emettendo un suono melodioso e alieno. Cantava mestamente, in maniera così struggente da fermare il suo istinto da guerra. Il cacciatore anziano, forse il suo compagno comprendeva ora, giaceva mortalmente ferito per terra alle spalle della femmina. Lei lo stava proteggendo. Ebbe l'impulso di alzarsi. Ma anche quell'impulso si spense. Morì dentro guardandola negli occhi. Aveva già preteso e ottenuto il suo tributo a quella covata di umani. Se ne rendeva conto. Il Lupo lo abbandonò e così la forma antropomorfa.Si ritrovò nuovamente sulle quattro zampe e fra le braccia della donna. Non gli restava molto. Appoggiò delicatamente il muso al petto ferito della piccola umana. Il sangue si mischiò. I loro respiri si fusero. Le loro lacrime divennero un unico rivolo. Chiusero gli occhi. Pregarono, cantarono, lei nella sua lingua inspiegabile, lui con la voce della foresta compresa soltanto dalla luna.Aprì un'ultima volta gli occhi. Il capo dei cacciatori sarebbe sopravvissuto, glielo diceva l'istinto.Osservò gli occhi colmi di tristezza e perdita nella ragazza. Capì che quello sguardo non riguardava solo la perdita della possibilità di procreare. No, quegli occhi gentili sanguinavano acqua, solo per lui. Si rilassò un poco. Respirò a fatica, con i polmoni colmi di sangue. Dolcemente si lasciò morire fra le braccia del suo odiato nemico, felice e completo. Il Cerchio di Morte era alla fine chiuso.

Alessandro Sidoti

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