- Ti salutiamo Maurizia Rugeri, come un genio precoce, un novello Mozart. I grandi palcoscenici del mondo ti attendono, - declamò.
La bimba attese che si spegnesse l’applauso, e al di sopra del pianto orgoglioso di sua madre fece udire la propria voce con alterigia inattesa.
-Questa è l’ultima volta che suono il piano. Io voglio diventare una cantante, annunciò, e uscì dalla sala trascinando la bambola per un piede”.
Finito di leggere Alberto si tolse gli occhiali e guardò Michele: “Uhm… E allora?”.
“Come
Alberto decise che per quel giorno non avrebbe perso la pazienza, appoggiò gli occhiali sul foglio, si allungò sullo schienale della costosissima poltrona del suo studio e disse: “Mi sembra o ti avevo chiesto una sceneggiatura per un film da ambientare in Africa ai primi del Novecento?”.
“Appunto, questo è l’incipit…. E’ che… prima di continuare volevo capire se il soggetto ti poteva piacere” balbettò a mezza voce Michele.
“Sinceramente a volte non capisco se mi prendi in giro o se sei proprio così, un misero fallito che si vende per un grande scrittore”, fece una pausa e poi da consumato attore quale era stato riprese: “Vedi caro Michele, il tuo problema è la bottiglia, se smettessi di bere e ti concentrassi un po’ di più riusciresti a tirare fuori qualcosa di buono. Come del resto hai fatto già in passato nei pochi momenti di lucidità che hai attraversato”.
La voce di Alberto era diventata più dura e il tono più alto, l’occhio destro aveva cominciato ad andare per la sua strada, chiaro segnale che si stava innervosendo.
A Michele sembrò che la stanza si facesse sempre più grande, così come i mobili che l’arredavano, mentre lui si faceva sempre più piccolo e la faccia di Alberto era diventata quella di un mostro che sputava parole che lui non riusciva più né a capire né a sentire. Sarà stata la paura o il bicchierino di whisky che si era fatto a digiuno prima di entrare nello studio di Alberto Serristori?
“Sì, Alberto, in effetti sono un po’ in ritardo sulla consegna, ma lo sai, ultimamente me ne sono successe di tutti i colori e…”.
“Sono stufo delle tue scuse idiote, hai avuto più di un mese a disposizione e te ne vieni con queste dodici righe in croce. Ma con che coraggio mi chiedo?”. I suoi buoni propositi di non perdere la pazienza erano già un ricordo lontano, Alberto schiacciò il pulsante rosso accanto al telefono e tuonò: “Signorina, mi porti un bicchier d’acqua, presto”.
Non aveva ancora finito la frase che la segretaria era già entrata nell’ufficio con una caraffa d’acqua e due bicchieri.
-Forse era meglio se non gli portavo nulla e mi davo malato– Approfittando di questa interruzione Michele stava cercando di mettere insieme una strategia d’attacco che non permettesse ad Alberto di replicare.
“Giuro che per lunedì ti porto anche il seguito. Dammi quest’ultima possibilità e ti prometto che non te ne pentirai”.
Alberto lo guardò in cagnesco, poi lanciò un’occhiata alla pendola appesa al muro e disse: “Entro lunedì a mezzogiorno devo avere l’intera sceneggiatura sulla mia scrivania. Se non rispetterai questa scadenza ti consiglio di cambiare città”. Premette di nuovo il pulsante rosso e con tono che non ammetteva repliche, comunicò alla Signorina Franca che il signor Ferrari era pronto ad andarsene.
Michele si alzò e cominciò ad indietreggiare verso l’uscita col cappello tra le mani producendosi in una serie di inchini, ringraziamenti e promesse varie, fino a quando non inciampò nella porta che la solerte signorina aveva contemporaneamente aperto.
-E anche per oggi è andata!- pensò Michele infilandosi il cappello una volta varcato il portone di quella che a dire di tutti, era la più importante casa di produzione della città.
Un rapido sguardo all’orologio: le undici e quaranta – giusto in tempo per un aperitivo prima di pranzo- pensò tra sé e sé e si diresse senza indugio verso il bar di Mario.
Stava sorseggiando il solito gin-tonic seduto al bancone quando entrò Elettra Colonna, la rampolla di una delle più ricche e influenti famiglie di Roma. Si erano conosciuti ad una festa nella quale Michele, come al solito, si era imbucato al seguito di Antonio, il fotografo più in voga del momento. Ricordava di essersi ritrovato a parlare con Elettra per più di un’ora e ricordava anche che la fanciulla era rimasta alquanto colpita dal suo fascino. Del resto Michele, era un abile conversatore, colto, spiritoso e molto galante, doti grazie alle quali riscuoteva un discreto successo con le donne.
La ragazza si diresse spedita verso un tavolo al centro del locale, dove una sua coetanea la stava aspettando. Attraverso gli specchi dietro al bancone Michele osservava comodamente le due ragazze senza doversi nemmeno scomodare a voltarsi, ma prendendosi tutto il tempo per studiare il suo ingresso in scena.
Dopo una decina di minuti, scese con noncuranza dallo sgabello e, bicchiere alla mano, si diresse verso il tavolo di Elettra. La ragazza, che stava parlando animatamente con l’amica, quando lo vide arrivare si illuminò in volto con un grande sorriso e invitò Michele ad unirsi a loro.
“Che piacere, rivederti! Permettimi di presentarti Claudia, una mia cara amica”.
Con un gesto plateale Michele prese la mano della ragazza e fatto un mezzo inchino disse: “Enchanté, mademoiselle!”.
Elettra e Claudia si guardarono ridendo e Michele si sedette al loro tavolo.
“Allora ragazze! Che si dice di bello in giro!”.
“Stiamo organizzando un fine settimana nella villa dei miei genitori a Capri” disse Elettra, e aggiunse subito dopo: “Potresti venire anche tu? Hai già degli impegni per i prossimi giorni?”.
Michele la guardò sorridendo, in un baleno vedeva davanti a sé la prospettiva di un fine settimana di puro spasso al mare, tutto spesato; oppure calde e interminabili giornate in solitudine a cercare di scrivere una sceneggiatura dalla quale sarebbe dipeso il suo futuro.
“In realtà niente che non possa rimandare. Vengo volentieri. Quando si parte?”, le parole gli uscirono dalla bocca con una naturalezza che stupì anche lui.
“Domani mattina alle otto”.
“Bene, mi sembra un ottimo orario” fu tutto quello che riuscì a dire.
Venerdì, sabato e domenica sotto il sole di Capri. Ma sì aveva tutto il tempo per scrivere, giovedì non era ancora a metà e poi c’era sempre lunedì mattina.
Trascorse il resto della giornata ciondolando da un bar ad un altro in cerca dell’ispirazione. Ma come gli era venuto in mente di scrivere di una bambina capricciosa che non voleva più suonare il piano per diventare una cantante. Che seguito poteva mai dare a questa storia? Una cantante in una colonia italiana? Ma cosa aveva bevuto quella sera?
Andò a dormire senza aver concluso nulla e quella notte sognò una Maurizia Rugeri diciottenne che si esibiva mezza nuda in un locale equivoco di Las Vegas.
L’indomani partì alla volta di Capri con l’intenzione di non pensare alla sceneggiatura, fiducioso che tre giorni di puro relax gli avrebbero liberato la mente per facilitargli la concentrazione il lunedì successivo.
Il tempo trascorreva veloce tra bagni al mare, bagni di sole e balli nei locali dell’isola. Michele ebbe modo di sciorinare tutto il suo repertorio con la parte femminile degli invitati e riscosse come al solito un notevole successo. Naturalmente sapeva anche ballare molto bene e non si lasciò sfuggire l’occasione per esibirsi nei balli più alla moda del momento, anche se il boogie-woogie restava comunque il suo cavallo di battaglia. Il sabato sera li raggiunse Maria, una ragazza avvenente e molto simpatica che attrasse immediatamente la sua attenzione e che si esibì con lui in balli scatenati. Ma quello che più lo sorprese fu quando Maria si diresse verso il pianoforte del locale in cui era confluita l’allegra comitiva e, dopo essersi accordata col pianista, cominciò a cantare.
Elettra lesse sul suo sguardo uno stupore che, senza che lui avesse aperto bocca, la portò a dire: “Ma come, non lo sapevi? Non l’hai riconosciuta? E’ Maria Valli, la più grande cantante del momento!”.
Michele ancora stordito le rispose cortesemente: “Sì, sì, la conosco, è che non avevo realizzato che fosse lei”.
“Pensa che i suoi volevano che suonasse il piano quando era bambina. Si narra di un episodio in cui la fecero esibire presso un club, e alla fine dell’esibizione lei, che all’epoca aveva solo dieci anni, annunciò che non avrebbe più suonato ma che sarebbe diventata una cantante!”, aggiunse Elettra.
Questo era veramente troppo, eppure non aveva bevuto molto quella sera! Tutto ciò stava accadendo davvero o solo nella sua testa?
“Non credevo che ce l’avresti fatta! E mi è pure piaciuto!”, Alberto lo guardò con uno sguardo di intesa: “Dì la verità, l’avevi già scritto e mi hai voluto fare uno scherzo?”.
“Vorrei poterti dire che è così, ma in realtà l’ho scritto solo ieri. Sai come vanno queste cose, quando l’ispirazione arriva va assecondata e il bello è che non puoi prevedere quando e dove ti sorprenderà”.
Michele uscì da quella stessa porta da dove qualche giorno prima era stato quasi buttato fuori a calci, con in tasca un assegno fresco di inchiostro.
Si diresse verso il bar di Mario, quale posto migliore per spendere un po’ di soldi!
Cristiana Belcari
Input: Testo della Allende su Maurizia Rugeri