martedì 12 giugno 2007

Non lasciatemi indietro

“Perché hai un libro di ricette da fare con la pentola a pressione se non ne possiedi una?” .
Alla domanda di sua figlia, Clara si girò guardandola con espressione sorpresa.
“Che cosa stai dicendo? Non ti sei ancora svegliata del tutto?”.
Anna si sedette su uno sgabello di fronte al bancone sul quale sua madre stava sminuzzando le cipolle. Come ogni domenica mattina in casa Franchi si cucinava il ragù.
Il disgusto che le si dipinse in volto era quello di ogni domenica mattina.
–Possibile che tutte le volte sia questa storia. Uno si alza con la voglia del caffellatte e si ritrova sotto il naso un disgustoso odore di soffritto-.
“Perché continui a guardarmi con quell’aria sbigottita?”
“No, niente… E’ rimasto un po’ di caffè lì sul fornello, ti dovrebbe bastare” le disse sua madre mentre sceglieva ad una ad una le foglie di prezzemolo.
Anna si alzò svogliatamente, aprì il frigo, prese il latte e, dopo averlo versato nel bollitore, accese il gas.
Clara sapeva che prima che avesse fatto colazione non era il caso di parlare con sua figlia. Si limitò ad osservarla, c’era qualcosa che non le quadrava ma non avrebbe saputo dire che cosa.

“Che buon profumino? Buongiorno alle donne della mia vita!”
“Ciao papà” disse Anna porgendo la guancia a suo padre di rientro dalla passeggiata mattutina col cane.
“Allora? Come è andata la tanto temuta cena dai suoceri?”.
“Che cena? Di cosa stai parlando papà! Si vede che stai invecchiando eh! La cena è per stasera!” affermò sorridendo Anna che, volgendosi verso la madre aggiunse: “A proposito mamma, secondo te che cosa devo portare alla mia futura suocera? Che ne dici di una pianta?”.
“Anna, ti senti bene? Hai mica bevuto o fumato qualcosa di strano ieri sera?”.
“Ma cosa dici, mamma? E perché mi guardate come se fossi un marziano?”
“Tesoro, oggi è domenica. Sei andata alla cena con Guido ieri sera. Non ti ricordi quando ti è venuto a prendere?”.
Anna guardò suo padre come se il marziano fosse lui e stava per rispondergli quando sentì sua madre dire: “E non ti ricordi che ieri pomeriggio siamo andate alla serra a comprare una begonia, dopo essere state in centro a comprare la pentola a pressione?”.
“Ma di che cosa state parlando? Oggi è sabato e ieri, dopo il lavoro ho preso un aperitivo con Chiara e poi siamo andate al cinema!”.
Lo squillo del telefono interruppe lo sbigottimento generale che quell’assurda conversazione aveva provocato.
Giorgio, si avviò verso il telefono non prima di aver lanciato uno sguardo interrogativo in direzione della moglie che, per la prima volta in trent’anni di matrimonio, aveva permesso che un evento esterno interrompesse il rito della preparazione domenicale del ragù.
“Pronto”.

“Buongiorno a te, Guido”.

“Sì, sta facendo colazione.”

“Ma certo, non potevi avere idea migliore. Ti aspettiamo”.
Giorgio ebbe appena il tempo di abbassare la cornetta che Anna lo assalì: “Che cosa voleva? Perché non me lo hai passato? Che cosa vuol dire –ti aspettiamo-?”.
Clara, che nel frattempo si era seduta interrompendo definitivamente il suo lavoro, osservava il marito con un’espressione indefinibile, non sapendo più che cosa pensare.
“Il tuo futuro sposo sta venendo qui per farci vedere le foto della meravigliosa serata che avete trascorso ieri sera a casa dei tuoi futuri suoceri!”, disse Giorgio lasciandosi cadere di peso nella poltrona rossa a fiori gialli che sua moglie aveva voluto comprare, a forza, ad una fiera dell’artigianato russo, una ventina di anni prima.
“Oh Signore!” esclamò Clara, “ma che cosa sta succedendo?”.
Anna, che continuava a capirne meno degli altri, si alzò e sconsolata si diresse verso il bagno.
“Ma che cos’ha?”, chiese Clara al marito. “E’ da quando si è alzata che è strana. Possibile che non ricordi nulla di quello che ha fatto ieri?”.
“Clara, non ci capisco nulla, sembrerebbe una forma di amnesia. Speriamo che Guido arrivi in fretta e ci racconti se è successo qualcosa di strano ieri sera”.

Al suono del campanello Giorgio si precipitò ad aprire per poter parlare con Guido prima che sua figlia rientrasse in soggiorno.
Il giovane sembrava non credere a quello che gli dicevano i genitori di Anna. Non poteva non ricordarsi della serata appena trascorsa. Si erano divertiti molto, anche perché non si era trattato di una vera e propria cena, ma di una festa per il trentacinquesimo anniversario dei suoi genitori, per cui la casa brulicava di amici e parenti. E Anna, glielo poteva assicurare, si era divertita tantissimo.
“Come è possibile allora che non si ricordi nulla? E non solo della festa, ma di tutta la giornata di ieri! E’ come se si fosse fermata a venerdì”, esclamò Clara.
“Che cosa state confabulando voi tre? Sembrate gli affiliati di una setta carbonara che stanno meditando un complotto anti austriaco!”, disse ridendo Anna entrando in soggiorno.
In effetti Guido ed i suoi genitori erano rimasti, senza nemmeno rendersene conto, in piedi vicino alla porta d’ingresso a parlare sottovoce tanto erano presi dalla formulazione di varie ipotesi che potessero spiegare la situazione che si era venuta a creare.
“Buongiorno amore. Come stai? Hai dormito bene? Abbiamo fatto tardi ieri sera!”, le disse Guido andandole incontro per salutarla con un bacio.
“Anche te con questa storia! Ma insomma, che cosa sta succedendo? Ieri sera ero con Chiara al cinema, oggi è sabato e stasera andremo alla festa di anniversario dei tuoi”, sbottò stizzita Anna riassumendo quello che aveva fatto la sera prima quasi a voler convincere più se stessa che gli altri.
Guido si voltò verso i suoceri con l’aria di chi non ha ancora perso tutte le speranze e tirò fuori dalla tasca della giacca una macchina fotografica digitale. “Ok, allora queste come le spieghi?”, le rispose porgendole l’apparecchio che l’aveva immortalata la sera prima felice e sorridente in mezzo agli ospiti della festa.
“Non ci posso credere! Ma questa sono io? E questo vestito di chi è? Non me lo ricordo”, esclamò esterrefatta Anna alla vista di quelle foto.
“Siamo uscite appositamente per comprare un vestito nuovo per la cena, ieri, tesoro. Naturalmente dopo aver comprato la pentola a pressione!” intervenne sua madre.
“Ti ricordi di avere avuto mal di testa ieri sera, Anna?”, le domandò suo padre.
“Ma papà, se non mi ricordo nemmeno di averla vissuta la giornata di ieri, figurati come mi posso ricordare di aver avuto mal di testa”, si spazientì Anna.
“Già, hai ragione…”.
“Va bene, va bene, cerchiamo di non farci prendere dal panico. Proporrei di aspettare domani e di vedere come va. Se la situazione rimane la stessa porteremo Anna da uno specialista. Mio padre saprà sicuramente consigliarmene uno”, affermò Guido.

Il giorno dopo la situazione, non solo non era migliorata, ma anzi era peggiorata. Mentre per tutti si trattava di un lunedì, per Anna quello era un venerdì, perché i suoi ricordi si fermavano al giovedì precedente. E così i giorni successivi. Mentre gli altri andavano avanti di un giorno, lei, non solo si era fermata a venerdì ma andava indietro progressivamente di un giorno.
Fu visitata dai più famosi specialisti e sottoposta ad ogni genere di esame, ma nessuno riusciva a spiegare l’origine e tantomeno il decorso di questo strano morbo che la portava a dimenticare ogni giorno un pezzetto della sua vita.
Anna sembrava non rendersi conto granché di quello che le stava succedendo anche perché i suoi ricordi andavano a ritroso per cui nel suo cervello non c’era alcuna traccia di questa malattia. I suoi genitori e Guido, invece, erano ogni giorno più sgomenti per l’impossibilità di aiutarla, nonostante tutti gli sforzi.
Cominciarono addirittura a pensare di portarla da qualche guaritore per non lasciare nulla di intentato. La medicina tradizionale non aveva portato ad alcuna soluzione, per cui non restava che affidarsi a qualche santone.

“Non mi sembra una buona idea. L’idea che a mia figlia venga fatta ingerire qualche strana pozione non mi entusiasma proprio!”.
“Che cosa abbiamo da perdere, Clara? Ormai le abbiamo provate tutte e non siamo arrivati a nessuna conclusione”.
“Lo so, ma non mi fido di questi personaggi, sono convinta che siano tutti degli impostori”.
“E tu Guido, che cosa ne pensi?”
“Non lo so, è che secondo me la soluzione di tutto sta nella sera della festa. Se ci pensiamo bene è quella la chiave di volta di tutta questa storia. E’ da quella sera che Anna ha cominciato ad avere questa sorta di amnesia retroattiva progressiva”, disse Guido pensando a voce alta. Era già un po’ di tempo che quest’idea gli frullava per la testa ma non sapeva come portare avanti questa teoria.
“Parlate di me come se io non esistessi. Il fatto che non mi ricordi che cosa ho fatto ieri non vuol dire che siete autorizzati a prendere delle decisioni riguardanti la mia vita al posto mio!”.
Anna si era stancata di sentir parlare di lei, della sua malattia, di possibili cure e rimedi, senza essere interpellata. Ogni mattina appena sveglia, sua madre le raccontava che cosa le era successo e per aiutarla a comprendere le faceva ascoltare delle registrazioni di conversazioni avvenute nei giorni precedenti. Non faceva in tempo a realizzare la sua situazione che arrivava la sera e non appena si fosse addormentata avrebbe dimenticato tutto di nuovo.
“Non voglio andare da un santone, non voglio diventare un fenomeno da baraccone!”.
“Hai ragione Anna”, disse sua madre, “ci dispiace se ti abbiamo dato la sensazione che volessimo prendere delle decisioni al tuo posto. Il problema è che vorremmo tanto aiutarti ma non sappiamo come”.
“Eppure io sono convinto che la soluzione sia nella sera della festa. Noi non siamo stati insieme tutta la sera, mi ricordo che ad un certo punto ti ho persa di vista per un po’, ma non so dove sei andata e con chi ti sei intrattenuta. E visto che tu non mi puoi essere d’aiuto farò una ricerca in questo senso. Mi farò dare la lista degli invitati dai miei genitori, li contatterò uno ad uno e mi farò dire se qualcuno si ricorda qualcosa che ci possa aiutare”.

Nei giorni successivi Guido si procurò la lista degli invitati e passò giornate intere a contattarli e a farsi raccontare come avevano trascorso la serata, se avevano visto o parlato con Anna, se avevano notato qualcosa di strano.
Una signora di mezza età, amica di sua madre, gli riferì di aver incontrato Anna in bagno e che parlando era venuto fuori che alla ragazza era venuto un forte mal di testa. Poiché la signora soffriva abitualmente di mal di testa, le offrì un cachet che Anna accettò di buon grado nella speranza che il dolore le passasse in fretta in modo da potersi godere il resto della serata.
Guido si fece dare una confezione del farmaco che veniva preparato appositamente per la signora e lo portò ad analizzare come suggerito dallo specialista che per primo aveva visitato Anna.
Dalle analisi emerse che Anna era allergica ad una specifica sostanza contenuta in quel farmaco. Tra gli effetti collaterali c’era la progressiva perdita di memoria, ma quello che nessuno si riusciva a spiegare era perché tale effetto durasse così a lungo.

“L’importante è che siamo riusciti a capire l’origine di questa amnesia”, esclamò tutto eccitato Guido quando ebbe finito di raccontare a fidanzata e suoceri quello che gli aveva riferito il dottore.
“Ma esiste una cura?”, domandò Anna.
“Per ora no, però ci stanno lavorando e il dottore è molto ottimista. Dice che nel giro di un mese sarà pronta una terapia sperimentale”.
Era già passato un mese dalla fatidica sera della festa e un mese doveva ancora passare prima che si potesse tentare una cura per Anna.
Giorgio e Clara, seduti l’uno accanto all’altro sul divano, apparivano provati da questa situazione ma cercavano di farsi forza soprattutto per il bene della figlia e di Guido che non si era mai arreso.
Anna fissava il pavimento con uno sguardo assente e sconsolato, ancora un mese a passare le giornate a scoprire quello che le era successo per poi averlo già dimenticato la mattina successiva.
Erano le dieci di sera, Anna si alzò, guardò i suoi genitori e poi Guido: “Sono stanca, vado a dormire. Vi prego non mi dite nulla domani, fate come se niente fosse, assecondatemi fino a quando non sarà pronta la cura da sperimentare. Ho voglia di vivere una giornata normale fatta di realtà e non di ricordi raccontati da altri”.

Cristiana Belcari
Input: Il morbo di Merlino

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